mercoledì 23 febbraio 2011

Piange il telefono

Me ne stavo lì a fissare come un ebete questo fantomatico direttore, cercando di fare finta di niente (magari era solo un'impressione). Ho illustrato il mio non lunghissimo, ma discreto cv e lui ha detto in tutta risposta:

- "Quando verrai a lavorare qui (dando per certo che ci sarei andata) la cosa importante da fare è una sola: non parlare mai al telefono. Al telefono potrebbero spiarti, potresti ricevere delle denunce. Bisogna stare in silenzio."

Siamo già in clima di intercettazioni, perfetto. Non credevo che la semplice frase "mamma oggi come stai?" potesse significare "puntiamo i razzi sulla penisola del Labrador". Insomma, mi sembrava un po' esaurito, il poveretto. 

Finalmente, dopo trenta minuti in cui parlava di sé, di quante conoscesse avesse e che anzi quasi quasi l'ordine dei giornalisti era stata una sua idea, ha introdotto l'howmacciare, ovvero quanti soldi mi avrebbe pagato. Cosa prendi attualmente? Mi ha chiesto.

Gliel'ho detto e la risposta è stata:

-" Benissimo. Allora, siccome il momento è difficile (e te pareva) potremmo cominciare con un fisso di 150 euro come collaboratrice free lance"
-"A occuparmi di cosa?"
- "Boh, fai tu"
- (...) (per dire che la mia faccia aveva assunto l'espressione da cartone animato giapponese con la goccia)
- "Poi potresti venire qui a lavorare e ti facciamo un contratto. Però certo non puoi pensare di scrivere articoli: vieni a fare la segretaria"

Ecco. Lo sapevo. Mia mamma era passata prima di me. 

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