Che dire? Buona lettura.
Come fa un giovane a sopravvivere alla propria precarietà secondo voi?
Questo mi piacerebbe davvero molto spiegarlo a chi ci governa, soprattutto a quelli che si permettono di fare certe infelici osservazioni. Sarebbe una bella idea per un reality: “Un giorno col precario”.Mi piacerebbe mostrargli cosa significhi inviare 100 curricula senza ricevere risposta o, al massimo, un paio di offerte di stage gratuito anche passati i trent’anni e con un passato lavorativo di tutto rispetto.
Mi piacerebbe portarli con me quando vado a fare qualche lavoretto per arrotondare dalla barista, alla baby sitter, all’animatrice di feste per bambini, alla promoter, al volantinaggio. Io come tantissimi altri che per mettere insieme uno stipendio si barcamenano fra 3000 lavori.


O quando, per andare dal dentista, devi chiedere i soldi a mamma e papà.
Gran finale, li vorrei con me dal commercialista quando mi dice che per aver guadagnato 15000 euro ne devo versare 5000 fra tasse ed Inps. Sapendo poi che lavoro per pagare la pensione a qualcun altro, perché io di quei soldi credo che ne vedrò ben pochi, viste le ultime notizie che circolano.
Come fa un giovane a sopravvivere alla precarietà? Si arrangia, si dà da fare, spera, si impegna. Alla faccia di quello che si sente dire in giro…
Cosa ne pensate del movimento degli Indignados in Spagna? Secondo voi in Italia si potrebbe mai fare la stessa cosa?



Però credo che piano piano qualcosa si stia muovendo nel nostro paese: ci sono sempre più collettivi, movimenti, associazioni. Ora manca solo trovare un punto di incontro. Essere uniti, questo ci serve. Per superare la paura – legittima - di rimanere senza “la pagnotta” a fine mese.
Un’ultima domanda: fonderete il Partito dei precari? Se si, io voglio la tessera!
La parola “partito” genera in me una certa ansia. Sarà perché sono nata nel ’78 e a questa generazione tale vocabolo non credo stia più tanto simpatico. Forse perché ormai molti politici fanno propaganda, invece di far politica. Io scrivo. Faccio contenuti per il web e faccio cortometraggi. Il mio lavoro è questo.
I miei genitori però mi hanno insegnato due cose: non giudicare e non dire mai “questo a me non potrebbe assolutamente succedere”. La vita è strana ed è fatta di congiunture astrali che si divertono a demolire le tue previsioni e quelle che ritieni essere delle certezze. Perciò non vorrei fra 5 anni – anche se al momento lo escludo - ritrovarmi nel partito dei precari e sentirmi dire che avevo detto “mai nella vita”.
Per ora scrivo. Questo mi interessa. Avevo qualcosa da dire, 14 anni di precariato da raccontare e l’ho fatto nell’unico modo che conosco.
Ringrazio Silvia per la sua disponibilità: ce ne fossero di creativi così!
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